L’ospite moro

In ube b’hat istranzu / mancari malu / b’est Deus.
Dove c’è un ospite / anche non degno / lì c’è Dio.

Alle prime luci dell’alba i mori pirati, che erano stati segnalati in tempo dalle torri costiere, furono rotti e gettati a mare. I pochi che, nella confusione della mischia, erano riusciti ad accostarsi alle case, erano, ora, senza vita, sparsi nella campagna che si rischiarava.

Nelle case gli uomini stavano accanto al fuoco, ancora in armi; e attendevano da un momento all’altro l’arrivo delle loro donne e dei loro figli che nella notte avevano messi al sicuro nella boscaglia vicina, e che avevano mandato a chiamare. Nessun morto da piangere; soltanto due feriti leggeri.

I galli si rispondevano. Il fremere della boscaglia sembrava l’eco del mare vicino. A un tratto un cane abbaiò. Era un moro che si lasciò cadere alla porta di Gaspare Noina, che era uno dei due feriti. Si era trascinato fin là e non ci vedeva più; non ci sentiva più, per il sangue che aveva perduto. Era così nero che non sembravano nere le sue rosse ferite. Si lamentava debolmente e, così disteso bocconi, faceva ogni tanto l’atto di remare.

Gaspare Noina, bendato, si alzò per respingerlo col piede. Ma un vecchio asciutto con mossa rapida gli afferrò un braccio e disse: – È un ospite, prima di essere un nemico. Gaspare si fermò. Il fuoco si ravvivò da solo: e la stanza s’illuminò. Ma era soltanto l’aurora che entrava. Il ferito era fermo ormai, non remava più, non c’era più. Allora si scoprirono tutti e si segnarono. Poi lo sollevarono e lo misero in un sacco e, come volle il vecchio, lo seppellirono nell’angolo sconsacrato del loro cimitero.

Piange l’animale, ma io non gli dirò…

… questo Mugahîd mosse alla volta delle isole orientali della Spagna, vaste e fertili isole; le quali egli occupò e tennele fortemente. Da quelle, poi, col navilio assaltò la Sardegna, grande isola dei Rûm, l’anno quattrocentosei o quattrocentosette (giugno 1015-maggio 1017); insignorissi della più parte di cotesta isola e ne espugnò le fortezze. Alienandosi intanto da lui gli animi del suo gund (milizia) e sopravvenendo rinforzi dei Rûm, egli si proponeva di abbandonare la Sardegna, ansioso [di tornare in Spagna e] disperdere [i nemici] che cospiravano contro di lui, quando i Rûm gli piombarono addosso e presero la più parte delle sue navi.

Io tengo da Abû ’al Hasan Nugabah ibn Yahya la seguente narrazione, ch’egli aveva sentita da Sarîh ibn Muhammad al Gurgâni. Io mi trovai, dicea [quest’ultimo] con Abû ’al Gays Mugahîd nella guerra di Sardegna. Egli era entrato con le navi [in un porto] dell’isola contro l’espresso ammonimento del suo primo pilota Abu Harûb, quando ecco levarsi un vento che ad una ad una gittò le nostre navi a terra; dove i Rûm non avean altra briga che di pigliare i nostri e ammazzarli. Ad ogni nave che vedea cadere nelle loro mani, Mugahîd rompeva in altissimo pianto; non potendo, né egli, né altr’uomo al mondo, dare aiuto ai musulmani in quel furor del mare e dei venti. Allora Abu Harûbci si fece incontro recitando questo verso: «Piange l’animale, ma io non gli dirò: Dio ti consoli; no, che quest’animale piange per dappocaggine». E continuava Abu Harûb: – Io l’avvertii bene di non ficcarsi qui; ma non mi dié retta –. Qui finisce la citazione di Al Gurgâni.

Dal libro Bugîat al Muqtabis di Ad Dabbî (sec. XII), versione dell’Amari.

 

  • Salvatore Cambosu (2004) Miele Amaro, Nuoro, Ilisso, pp. 112-113. Scaricalo da qui.
  • L’immagine appartiene alla collezione Molti, di Antonio Biasiucci. Questa è la sua pagina sul sito del museo MADRE di Napoli.

 

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